In Italia, come in molti altri Paesi, la fabbricazione dei conî con il sistema della punzonatura a freddo è stato introdotto nella seconda metà del XVIII° secolo. In particolare, quando il pantografo doveva essere ancora inventato, i conî venivano fabbricati attraverso il processo manuale complesso. Peraltro, come è già stato evidenziato, fino agli inizi del XX° secolo le varie zecche italiane facevano comunque un utilizzo limitato del pantografo, in quanto lo stesso era ancora troppo impreciso e lento, e si preferiva quindi l’incisione diretta. Solo con l’acquisto dei due pantografi Janvier, la Regia Zecca passò sistematicamente al processo di produzione a pantografo.
Ciò posto, si deve ritenere che nella prima metà del XIX° secolo le matrici incise a mano contenessero solo le impronte principali e centrali della moneta. E’ molto probabile che la legenda, il valore, il millesimo, il segno di zecca e gli altri elementi “standard” delle impronte vicini al bordo venissero inseriti manualmente direttamente sui conî, con l’impiego di appositi punzoncini. In certi casi, il punzone riproduttore poteva contenere solo le prime due o tre cifre della data (es. “19XX”). Ciò era dovuto al fatto che la punzonatura a freddo dei conî avveniva con dei grossi bilancieri che all’epoca non erano ancora dotati di un tonnellaggio tale da poter imprimere delle incisioni nette e nitide, soprattutto lungo i bordi (si ricorda che i conî sono leggermente convessi). Solo i potenti bilancieri a frizione introdotti successivamente consentirono di raggiungere una migliore qualità.
Figura 182 – Incisione del segno di zecca. Fonte: doubleddie.com |
L’incisione manuale di certi elementi delle impronte non è peraltro venuta meno a seguito dell’adozione del pantografo e del bilanciere a frizione. Infatti, gli elementi “variabili” delle impronte – quali ad esempio la data – continuarono ad essere incisi a mano, con appositi punzoncini. Al riguardo, si osserva che i punzoncini potevano contenere una singola lettera o un singolo numero ovvero anche una parola intera o un gruppo di numeri.
Al riguardo, va precisato che nelle monete in lire e in euro della Repubblica Italiana la data è già presente nel punzone tipo e quindi anche nel modello. Di ciò si ha indiretta conferma nell’art. 8 del D.T. 30 luglio 1983 (“Regolamento per la fabbricazione e l’emissione delle monete e dei biglietti a debito dello Stato”) dove viene precisato che “I punzoni tipo per le monete nazionali, che recano impresso l’anno di fabbricazione, hanno il segno caratteristico riportato nel decreto del Presidente della Repubblica che approva le caratteristiche dei singoli tagli“. Analoga disposizione è stata riprodotta nell’art. 8 del D.M. 5 maggio 1999 n. 524 emanato in visione dell’introduzione dell’euro.
Questa attività manuale poteva comportare spesso degli errori, soprattutto nelle monete di piccolo modulo (es. monete da uno o due centesimi). Inoltre, siccome una singola tiratura prevedeva l’impiego di più conî, poteva capitare spesso che per lo stesso millesimo esistano più tipologie di errori di punzonatura. Tra i principali errori di punzonatura si ricordano:
- numeri o lettere in una posizione leggermente spostata – ad esempio più in alto o più in basso – rispetto all’ordinario;
- numeri o lettere ribattuti. Ciò era dovuto al fatto che, al fine di ottenere la qualità desiderata delle impronte, era spesso necessario battere più volte lo stesso punzoncino e, se tra una battuta e l’altra si verificava un leggero spostamento, la cifra o la lettera poteva apparire “sdoppiata”;
- numeri o lettere battuti sopra altri numeri o lettere. Ciò poteva essere dovuto ad un banale errore circa il punzoncino da utilizzare (casistica più frequente) oppure nel caso in cui un conio di un determinato anno non aveva ancora esaurito la vita utile poteva essere utilizzato anche nell’anno successivo previa ribattitura dell’ultima cifra della data;
- inversione o capovolgimento di numeri e lettere. Questo è forse l’errore di punzonatura più evidente e ricercato.
Nella monetazione del Regno sono tipologie di errori molto frequenti e, salvo casi particolari, aggiungono poco valore alla moneta.
Figura 183 – Partendo da sinistra: 1 centesimo 1904 con “N” più alta, mezzo tornese 1849 con “1” capovolto, 1 centesimo 1904 con “4” ribattuto, 2 centesimi 1903 con “C” ribattuta, 1 centesimo 1895 con “5” sopra l’“8” e 1 centesimo 1908 con “9” sopra lo “0” |
L’errore celebre: 2 centesimi 1861 e 1862 N “grande”
Alcune monete da 2 centesimi del 1861 e 1862 coniate nella zecca di Napoli presentano il segno di Zecca di dimensioni superiori all’ordinario (1,4 mm anziché 1,1 mm). Ciò è dipeso dal fatto che per errore su alcuni coni è stato usato il punzoncino del segno di Zecca dei 5 centesimi (che misura appunto 1,4 mm), anziché quello dei 2 centesimi.
Nell’immagine qui sotto è invece riportata la 2 centesimi 1861 “N” grande. La moneta presenta anche una rottura marginale al rovescio da ore 06:00 ad ore 09:00 e tracce di collisione dei coni al dritto.
In alcuni cataloghi queste monete vengono riportate con un grado di rarità estremamente elevato (tra R4 e R5). Tuttavia, da recenti verifiche, è stato accertato che questo errore è più diffuso di quello che si pensava inizialmente ed è presente in più coni di rovescio sia del 1861 che del 1862.